Fumetti: Sheepard 11
"Sheeppard, vita da netturbini spaziali" di Zetabo'
Fumetto rilasciato sotto licenza Common Creative BY- SA - NC
Link. Sheepard primo, Sheeppard secondo
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Era un giorno
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Nascosta nell'ombra
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Quando finalmente indomito
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Post-rock, shoegaze. Due definizioni per un solo gruppo. Ma come al solito le definizioni possono esser molte. L'ambiente di provenienza è pur sempre il rock, gli strumenti di base chitarra, basso e batteria. Voce? Sì ma giusto per dire che c'è. Strumentali. Fondamentalmente strumentali. Alle volte si aggiunge qualche altro suono / effetto. Ma non in maniera invadente. A complementare. Basi molto rock classiche a fare da tappeto. E una storia che non ha bisogno di esser parlata per esser raccontata. Si ascolta con le orecchie e non con un cervello che deve elaborare delle parole per avere significati. Si ascolta e si va avanti per immagini, non per scritti. Non siamo in presenza di viaggi estremi, verso chissà quali spazi esterni. Siamo a terra. Il rock c'è e si fa sentire. Alle volte tende a nascondersi. Scompare dietro intermezzi che sembrano buttati lì, piccoli scleri o evocazioni, ma che sono in realtà anch'essi facenti parte di una narrazione più ampia. I brani risultano esser cinque. Ma sono cinque tracce molto complesse al loro interno che vanno ascoltate più e più volte. Può risultare ingannevole un primo approccio in cui sembrano non voler portare all'estremo la sperimentazione. I richiami sonori portano a credere di saper già cosa ci si possa aspettare dal seguito del racconto. E all'improvviso no. Quella batteria, quella chitarra e quel basso dove sono finiti? Sono sempre lì. Ecco che il rock si è nuovamente nascosto e diventa post. Post di se stesso senza tradirne le radici. Ora un arpeggio. Ora una batteria isterica. Ora arriva un altro suono ed ecco che l'anima torna fuori. Superato anche questo momento di apparente calma si riparte. Tre elementi che suonano in maniera completa e lo fanno sentire. e riobbliga a farsi riascoltare attentamente.
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Palesavi interessi
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Senza indugio serravi
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Space rock, kraut rock, ma da terre assolate come il il Messico. Non solo dalle fredde pianure e foreste teutoniche o dalle steppe cirilliche possono arrivare suoni che richiamano ambienti cosmici, spaziali e psichedelici. Alle volte anche da terre comunemente associate alla calura, alla terra torrida. Uno di quei casi in cui non sembra aver importanza l'ambiente fisico di provenienza. A sfatare alcuni che sembrano esser entrati a pieno titolo nei luoghi comuni. Nel caso dei Penetración Cósmica si sentono molto anche gli ambienti psichedelici, i viaggi riproposti sono sicuramente nello spazio, ma anche mentali. In alcuni momenti si era sicuri di essere spersi in una nebulosa, e poco dopo ci si ritrova a fare un dialogo fisico con il proprio cervello. E' forse dentro di esso che si è spostato il movimento, lo spazio. Le nebulose ci sono, eccome. Tutto sta a capire dove. Cielo e terra non sono distanti. Sono limitrofi. Sono uno dentro l'altro. Sono compenetrati. Ti trovi nello spazio, e lo spazio è dentro di te. Le nenie che ti hanno innalzato verso luoghi lontani anni luce ti hanno ben ancorato a terra. Ma il viaggio c'è stato. C'è. Nessuno ti chiede il biglietto. Si tratta sempre e comunque di musica rilasciata sotto licenza creative commons. Basta volerla ascoltare. E lasciare che ti entri nelle orecchie. Ti accompagnerà nota dopo nota, passo per passo. Le canzoni ci sono, volendo autoconclusive, non necessariamente da ascoltare come un unico racconto, e alla fine tanto di suite. L'avvio, il primo brano d'auto presentazione, è molto d'impatto, molto forte, quasi a voler smuovere l'ascoltatore / viaggiatore: tieniti pronto che la carrozza si sta muovendo. E poi ci si ritrova nello spazio. Quale? Ascoltando l'ep si capirà. Forse.
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Evviva la lonza
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Eccolo che arriva,
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Quel giorno
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Un post di passaggio giusto per ricordare che Sabato 22 Ottobre si svolgerà il Linux Day. Molte le attività proposte in tutta Italia, conferenze, presentazioni, installazioni e così via. In particolar modo complimenti all'organizzazione di Terni che ha organizzato un festival, "Open Terni Festival", a partire da venerdì 21, tutto incentrato sulle licenze aperte, compresi concerti di musicisti che rilasciano musica come creative commons e proiezioni.
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Pangasio
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Math, prog rock, fusion, jazz, sperimentale... Sono molti gli aggettivi che si possono legare ad un gruppo musicale senza in realtà riuscire a definirlo, e i Charts and Maps, in particolare con "Dead Horse", sono uno di quei casi, e in maniera abbastanza eclatante. Sicuramente rientrano nella grande famiglia del rock, progressive. Sono sostanzialmente strumentali e fanno del suono la materia prima da plasmare per raccontare, coinvolgere, accompagnare nel viaggio. E quando si dice musica si tende ad intenderla in maniera abbastanza allargata. Si volesse fare giochi di rimandi ad altri generi, gruppi o movimenti ci si potrebbe divertire. Ma le canzoni non si perdono in semplici indovinelli. Respirano un'aria propria. Solo "In the town of machine" si potrebbe riscontrare psichedelia tipica del sud degli stati uniti, sax in alcuni punti alla Van Der Graaf Generator, base ritmica che richiama Balletto di Bronzo e prog italiano in generale, ma... I suoni si fondono. Giocano tra loro. Si nascondono e poi tornano. Si prendono a braccetto e diventano cosa unica. La durata dei brani è medio lunga, come credo sia giusto nel momento in cui si voglia narrare qualcosa. Senza dover forzatamente destrutturare le canzoni, non si ha quasi mai la rigida struttura strofa ponte ritornello ripetuta per una lunghezza standard fin al raggiungimento della durata desiderata, e della noia dell'ascoltatore. Certo, ci sono richiami e passaggi che ritornano, non c'è l'intenzione di ammazzare il tema di una canzone. Semmai la sviluppano. Nel complesso il disco è molto bello e le canzoni mantenendo un'omogeneità generale hanno autonomia tra loro. Non creano il maxi disco suite tipico degli anni settanta per intenderci. Ma il suo carattere lo mantiene e bene anche nel tempo. Necessitano anche attenzione nell'ascolto, non sempre li si può ascoltare distrattamente pur essendo molto piacevoli anche come semplice sottofondo. Le orecchie necessitano di essere indirizzate all'ascolto. Con molto piacere.
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Suggella l'amore
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Mare impetuoso
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Languida marmotta
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Pallida Luna
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Titolo apocalittico ma che altro non è che la traduzione di "The fall of Tokyo" album di neanche tanto tempo fa dei giapponesi Icon Girl Pistol. No, non c'entrano nulla con i britannici Sex Pistols. E non vedo perché neanche dovrebbero. Il loro è un rock abbastanza tranquillo e divertente, abbastanza leggeri ed ascoltabili. Non sembrano pretendere di voler fare chissà quali cose sperimentali originali che insomma fanno delle belle che storia. No. Rock che alcuni chiamano indie. Forse lo è nel senso che non sono necessariamente mainstream. Ma fondamentalmente non vorrebbe dire nulla come definizione. Hanno una formazione "classica" e basilare: basso, batteria, chitarra e voce. In alcuni casi vengono aggiunti alcuni suoni come skratch in "drug addict", ma fondamentalmente rimangono sul semplice. Leggeri. E divertenti. decisamente ascoltabili. Mini racconti che entrano nelle orecchie senza volerle distruggere. E neanche pretendono di forzare l'attenzione distraendoti da quello che stai facendo. Delicatamente si insinuano nelle orecchie e giungono all'ascolto. Non pretendono attenzione a tutti i costi. Ci sono. Si fanno sentire. E ti mancano quando la canzone finisce. E allora la vuoi risentire. Così vale per i molti singoli che hanno messo sul loro sito. Circa una canzone al mese. Tutti scaricabili come nella miglior tradizione creative commons. E in più ovviamente Ep e lp, tutti ospitati su varie piattaforme.
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Evviva evviva
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Ostentare cotanta beltà
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Esu un fumetti di Coratelli, Zamberlan, Righetti
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Che brutta cosa
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Novembre
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